04 marzo 2006

L'artigiano

La densità leggera
Sulle sue mani
Scivola via
Come nebbia
Impalpabile e chiara.

E’ la sua vita
E i suoi momenti
Versati via
Come una brocca
Rotta e disfatta.

Singoli ricordi,
cocci taglienti
stillano ritmici
singole perle
di sangue raffermo.

L’artigiano folle
Con le dita morte
Incapace cozza
Ruvide forme
Differenti orme.

L’estremo collante
Di lacrime calde
Insapora mesto
I putridi resti
Di un senso perduto.

Suono d’un urlo
Isterico e pazzo
Getta lontano
Quel poco che resta
La voce stridendo.

Ora qui solo
Diafano umano
Fissa il vivente
Buio che s’erge
Nero avvolgente.

Lento sprofonda
Nell’acquoso deliquio
E volge lo sguardo
A pallido sole
Luce indistinta.

Io sono il demente
Strano artigliano
E l’illusione creo
Dalle rovine fumanti
Della città il tuo nome.

Decadenti edifici
Tortuose strade
Abbracciano curvi
Il tempio prezioso
Di un ricordo sbiadito.

Lentamente il tempo
Impietoso cammino
Piano cancella
Dalla stanca mente
Il tuo profumo e il tuo volto.

E finalmente allora
Quel giorno lontano
Scoprirò d’esser solo
Su di un globo affollato
Di ombre lontane.

Nella roccia scolpita
Dalle mie mani tremanti
Scriverò l’epitaffio
Piango il mondo
Che muore con me.

L’artigiano strano
Ed io che son lui
Piangiamo mesti
Il tuo nome il tuo corpo
E con un sussurro addio.

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