07 maggio 2007

Poesie di un giorno di metafisica libertà

Poesie di un giorno di metafisica libertà

Manichino e Cavallo


Un manichino senza volto
E un cavallo
Con la coda di pietra
Camminano lenti
Nella piazza quadrata
E dietro ad un muro
Non molto alto
Si intravede una vela
E lo sbuffo del treno.

Io in un angolo
Dipinto a scacchiera
Siedo come un pedone
O forse una torre
E li osservo venire
Nella mia direzione
Parlandosi piano
In un fastidioso bisbiglio
Che non è la mia lingua.

Vorrei chieder loro
“Dite figure dipinte
Da dove venite?”
Ma so che di là vengono,
In alto nel cielo, lassù
Ho udito poco fa
Lo strappo ferente
Nel velo di Maya
E lacero è il cielo.

Zampilla come una Fontana
La realtà che aldilà
Sonnecchia racchiusa.
Un’ocarina, un’upupa giuliva,
Mill’altre figure e forme sincere,
Ma a me s’avvicinano
Solo un manichino
E un cavallo
Con la coda di pietra.

Ora di fronte a me
Il cavallo saggio
Che il manichino conduce
M’osserva e urla
Il lungo nitrito
E con un gesto
Del muso scolpito
Sembra volermi dire
“Guarda là”.

Io il capo volto
E mi accordo ridente
Che nulla sono
Se non testa
Di bianco marmo
Con tondi occhiali
Neri da sole,
Nostalgia di un poeta
Che mai sono stato.

E su nel cielo
Vedo la sagoma
Del sole e dei raggi
E persino la luna,
Neri ritagli
Sullo sfondo azzurro
Ad olio dipinto,
Non mi chiedo perplesso
“Dove sono i due astri?”

E’ il manichino,
Trovatore e condottiero,
Eroe e padre,
con un moto del viso
Di legno levigato
A rivelarmi il banale
Semplice segreto:
“Là sul palcoscenico:
Il sole e la luna!”

Allora applausi
Scroscianti e tondi
Come ad un matrimonio
O al funerale di un solitario
Dittatore.
Al sole alla luna
Vorrei applaudire
Ma io poeta
Non ho arti, né mani.

Una donna siede

Una donna siede
Con me nel vagone
Nessun profumo
O di vita l’odore,
Sempre governa
L’assurdo silenzio
Di un uomo che è libero
E solo.


Inutili souvenir


Rinasco nel viaggiare
Solo senza una parola
Da dire o un sorriso
Da regalare,
Sono un turista
In questa vita
E voi gli strani
Indigeni
Di cui conserverò
Inutili souvenir.


Ho visto un Drago

Ho visto un drago
Dipinto nelle nuvole
Bianco su sfondo azzurro
Guardava in alto
Il cielo blu
E triste erano i suoi occhi
Di lacrime feriti
Asciutti, pioggia
Annunciata.

Se ne stava così
Senza nulla aspettare
Se non forse i cipressi
Di un lacustre cimitero
Incombenti in basso
Sotto di lui.

Ma fu un attimo
Forse la corsa del treno
Forse un applauso ad un matrimonio:
Una brezza leggera
E crudele
Nell’aria si alzò
E dalla mente mia
Il drago sorpreso
Fu spazzato via:
Forme caotiche
D’infiniti altri
Medioevali bestiari.

La mia Ignara Musa


Forse non meriti
Questa strana poesia
Composta nel giorno
Di metafisica libertà.

Forse non meriti
Le mie non lette parole
Sbiadite sulla pagina in grigio,
Forse meriti di più.

Ma al poeta poco importa
Ciò che pensa il soggetto
Del suo versificare
Stanco e malato.

Così come al pittore
Nulla conta se la piazza
O il manichino cieco
Voglion restar inespresse idee.

Si scrive per ricordare
E nel tempo tracciare
Un promemoria annodato
Un segnalibro dipinto.

Un punto a cui tornare
Nel frettoloso fluire
Del libro della vita,
(Ne sono il protagonista?)

Spunta il lago
Dal finestrino del treno
E solo nel vagone,
Ripetuto destino,

Continuo a scrivere
E alla mente mi torna
Il volto tuo
E il vero sorriso.

Come un regalo
Alla festa a sorpresa
Di un non compleanno
E il coniglio e il cappellaio.

I tuoi modi gentili
Semplice marchingegno
Per il tempo viaggiare
Indietro e un po’ anche avanti,

Alla mia epoca
Anacronistica e formale
Ritrovarti, sorpreso
Ma, mio dio, felice.

Le tue parole
E la tua voce
Così femminile.
E un po’ bambina.

Mi tornano ancora
Magici e oscuri
I tuoi occhi
Neri e misteriosi

Specchio d’una donna
Forse nascosta
Negli anni che saranno
Ma svelata a quelli miei.

Così ho scritto di te
Senza neppure sapere
Il nome con cui
Sei nel mondo ora.

Ma a me basta
E nulla cerco
Se non far di te:
La mia musa ignara.

Son quelle di un vecchio

Come un fotogramma
Le dita sulla tastiera
Vedo ferme in attesa.

Invecchia il tempo
E scorre nel silenzio
Di ripetuti istanti.

Si scavano i solchi
Sulla pallida pelle
Marcata e stanca.

Strana clessidra
Di sottili granelli
Di ruvide rughe.

Ogni cosa resta
Nel momento immota
Cristallo di stasi.

Ma poi mi accorgo
Le vedo ignote
Non sono più mie.

Le dita sottili
Sul nero dei tasti
Non riconosco.

Sono quelle di un vecchio
Ossuto e stanco
Son quelle di un vecchio!

Semplice spettatore

Tra mura scrostate
D’un giallo malato
Siedo solitario
Tra avventori ubriachi
E osservo fumante
La tazza bollente
D’erbe essiccate.

Tra le spire odorose
Di fiori morenti
Intuisco a fatica
I volti e colori
Ridicoli e vaghi
Di squallide ombre,
Di me riflessi.

Donne sedute
Scomposte e volgari
Uomini in piedi
Minacciosi e pii,
Sconosciute commedie,
Mille volte recitate
Di attori capaci.

Vuota è la tazza
Fredda e macchiata
E continuo a vedere
Lo strano squallore
In cui avvolto mi sento
Affondare:
Semplice spettatore.

3 Comments:

Blogger Logos said...

Questo post merita un commento. Sono poesie scritte in treno, in una soleggiata domenica attraverso le distese della pianura padana di ritorno da Padova.
Il vagone puzzolente e deserto dell'intercity diretto a Milano è stato ricco di ispirazione.
La prima poesia è dedicato e ispirata da un pittore, o forse due, e da un poeta.
La mia musa ignara mi ricorda che a volta in due occhi neri vive un mondo, un intero universo.
A chiunque legga un ringraziamento del tempo che mi regala.
Logos

6:41 PM  
Anonymous Anonimo said...

molto intiresno, grazie

3:11 PM  
Anonymous Anonimo said...

good start

3:26 PM  

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