17 agosto 2007

Post Viaggio

1.
(Dedicata a Mark Strand)

La minuta astronave
Col pilota automatico
Giunse sul pianeta
Delle cose perdute
Dove accatastate erano
Appunto, le cose smarrite
Dagli uomini, dai bambini
E dalle donne
Della sferica Terra
E di qualche altro
Ignoto pianeta.

Il poeta scese i traballanti gradini
Dello scavo argentato e griffato
Sino al suolo ondoso
Coperto di strana glassa
Colorata e appiccicosa
Unta e molliccia.
(Sono le buone intenzioni
Dei giorni sprecati
Finiti nel colmo cestino
Della pigrizia e del niente).

S’incamminò il vecchio poeta
Ed ad ogni passo un viscoso rumore
Delle suole sguazzanti nella melma
Colorata di propositi
Dimenticati e disseminati
Ovunque lì intorno.
Lontano, finché giunse improvviso
Ad un grigio orizzonte
Che maestoso gli si fece d’innanzi,
Presentandosi cortese.

Sono il muro
Dei nomi
Dei molti nomi
Smarriti nell’oblio
Della non esistenza
Precipitati urlanti
Dalle menti e dai ricordi
Degli odierni viventi
Sino a che niente ne resta.
Poeta, qui li vedi
Incisi nel fuoco
Della mia grigia parete,
Osservala estendersi
Sin dove il tuo occhio arriva
E pure l’altro,
Questa la mia lotta
Impari ed eterna
Per ricordare
Chi visse
E il nome
Di ognuno
Degno ed indegno.
Aiutami ti prego,
Nella tua mente ora
Ricorda un nome
Ancora una volta
Sussurralo,
Fatti con me
Baluardo a difesa
Del nulla.

S’allontanò il poeta
Dal muro parlante
E pregante
Ripetendo tra sé un nome
Forse il solito
O forse un altro
E giunse così
Alle porte di un sinuoso castello,
In bilico le torri
Costruite su colline scoscese
E dirupi d’abissi
Neri e spaventosi,
Torrioni possenti
Inclinati d’un lato
Come bastasse una parola
Pronunciata più forte
Per fracassarli a terra
Fragore di fragore.

Stupito il poeta,
Che pur di follie ne sapeva
Verso la porta
Metà ovale
E metà angolare
Mosse furtivo e un poco guardingo.
Ma ecco sbucare
Da un pertugio
Quadrato ma storto
Tondo e angolato
Un giullare
Vestito da buffone
E d’attore.
S’arresta il poeta
Al gesto dell’omino
Dal giallo cappello
Allacciato alla cintura
Avvolta sulle spalle
Curve del peso
Di un milione di vane risate.

Un foglio sgualcito
L’arlecchino consegna
Impertinente e silente
Al poeta magniloquente.
Poche parole da mano tremante
Vergate a caso nel bianco
Son tracciate
Le legge il poeta
In un solo boccone
Come fossero
Indigesta leccornia
Le sente sulle labbra
Sulla lingua e tra denti
E poi giù veloci
Verso la gola e ancora più in fondo
Allo stomaco molle.

Ma quali parole?
Queste che lette costringono
Lo sperduto poeta
(caduto con la sua astrusa nave
Sul pianeta delle smarrite cose
Lì gettate per non esser ritrovate)
A fuggire e scappare
Senza guardare neppure
Lo strano giullare
Vestito d’attore
Sguainare risate
D’insulto e pazzia.

Cinque o sei forse
A dire il vero non ricordo
Credo di averlo
Dalla mente scordato
Come un pianoforte
Un po’ difettoso
Che perde per strada
Continuamente il là
e il fa col do.
Se ci pensassi mi par
Le troverei
Sepolte e impolverate
In qualche cassetto o ripiano
Della disordinata mia mente
Ma inutile sforzarsi
Pensandoci bene
Con quel pizzico di logica sana
Che come una punta di pepe
Dà sapore e sostanza
Ad ogni pietanza.

Se lette e rilette
Le cinque parole
Sul pianeta delle cose sperdute
Dal caro poeta
Compagno col suo grande cappello
E col cammello
Dei miei solitari momenti
Sono state,
Allora è chiaro
Semplice e amaro
Che da me non possono più
Essere trovate
Scoverte e rilette.

Allora ti invito
Mio solo lettore
Fatti coraggio
Prendi l’alato cavallo
Bianco e crinatro
E corri leggiadro
Come un ladro furtivo
Verso la luna
Dei cocci di vasi ed oltre
Sempre più oltre
E vai dal giullare
Strappagli via
Il piccolo foglietto
Bianco e pasticciato.

Leggi ti prego,
Le sagge parole
Che ora ricordo
A questa domanda
Semplici rispondono:

Che senso
L’amore
La vita
L’universo
E tutto quel poco
Che resta?

Mi si chiedesse ora
Qui sulla poltrona seduto
In compagnia di quel poeta
Dal cammello e cappello
e di qualche altro
Suo ignoto collega
Alla domanda di cui sopra
Certo risponderei
Sul foglio scrivendo
Una sola parola
E non altre
Inutili e vane
Ma solo una bella
Che letta così suona:

“Nulla”.

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