29 aprile 2008

Il pianeta

Pensa a Phleba (1)
Phleba guardò in basso, sotto lo scafo lucente della nave scorrevano veloci le immagini distorte di una consueta impossibilità, colori caotici, striature contorte, promontori ritorti e montagne accartocciate. Desolazione e disperazione. Riconobbe i paesaggi che troppe volte aveva sognato nelle notti nere del viaggio che lì l’aveva condotto.
Via via che la velocità di crociera del veicolo diminuiva riuscì a distinguere meglio le costruzioni ed attribuire ad esse il nome con cui un tempo erano conosciute. Nomi che nessuno osava più pronunciare. Nomi segreti e maledetti. Poco più che relitti alla deriva in un mare verde deturpato se ne stavano appoggiati su un fianco antichi e maestosi palazzi, cattedrali slanciate e miriadi di statue, irriconoscibili, marmo colante silenziosa urla.
Stese le braccia e cercò di immaginare come fosse sfiorare l’orrore che correva sotto di lui, farne parte, esserne conquistato, catturato. Assorbito. Posseduto. La sua mente tentava ma qualcosa di ancestrale, nascosto nelle profondità stesse del suo essere creatura animale, lo costringeva a ritrarsi dal paesaggio, a rifugiarsi altrove, a scappare.

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