04 novembre 2008

Orme di stivali sporche di foresta

Rami di Verdi Lame (2)
La sala di osservazione era deserta. Gli impianti a muro si accendevano e spegnevano in una cacofonia di inutili ledi colorati. Il pavimento liscio era macchiato di impronte fangose. Le pareti deserte. Nessuna insegna, nessuna immagine votiva o di qualche altra autorità politica.
Un’immensa vetrata osservava il paesaggio davanti alla torre di ricezione. Una fitta foresta afosa si stendeva intorno. Piante alte così tanto da piegarsi sotto il loro stesso peso. Foglie lunghe e sottili, come lame verdi di una complicato strumento di tortura.
Alcuni passi e la porta dal lato opposto alla vetrata si aprì con un sibilo efficiente. L’uomo che entrò non gettò neppure uno sguardo al meraviglioso paesaggio oltre il vetro. Sembrò persino evitarlo. Alto, il fisico possente, il passo deciso, militare, l’uomo si avvicinò ad un terminale a parete e premette alcuni tasti. Un nuovo led si accese accompagnato da alcune scariche e da un sommesso gracchiare. Avvicinò la bocca ad un tubo che fuoriusciva dal terminale. Non disse nulla sino a che il gracchiare non smise. Poi parlò.

- Mi confermare le coordinate di sgancio?
- Si. Le coordinate sono confermate.
- E il carico.
- Le percentuali coincidono. Composizione biologica al 75%, carico vivente al 32%.
- Deve essere lui.
- Cosa facciamo?
- Dirigetevi sulla zona d’impatto. Vi voglio sul posto prima che il cubo-merci cada. Non possiamo lasciare che si apra.
- Ricevuto. Tempo di aggancio 3.4.
- Confermato. 3.4.

L’uomo si voltò. Fissò il paesaggio che prima aveva rifiutato di guardare. Il cielo azzurro, le rade nuvole dense e la foresta verde. Ovunque.
Era arrivato.
Girò di scatto e si diresse verso la parete d’uscita che si aprì silenziosa lasciandolo passare. Nella sala rimase il silenzio iniziale. Nulla sembrava essere accaduto. Ogni cosa pareva identica. Se non alcune nuove macchio di fango per terra. Orme di stivali sporche di foresta.

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