17 novembre 2008

Una scia bianca e luminosa tra le nuvole

Rami di Verdi Lame (5)
Il gracchiare dell’auricolare si fece fastidioso.
L’uomo diede alcuni colpetti al bitorzolo inserito nell’orecchio e si fissò gli stivali macchiati di fango. Pensò ai corridoi puliti e levigati dei palazzi in cui aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita. Pensò a se stesso. Alle ragioni che l’avevano portato su quel mondo sperduto e sconosciuto.
L’uomo osservò il proprio riflesso nella paratia metallica del veicolo da trasporto terrestre. Lascio scorrere lo sguardo sulla sua intera figura, nessun impianto meccanicizzato era stato chirurgicamente inserito nel suo corpo. Era ancora un organismo completamente biologico. Ed era l’unico ad esserlo. Un errore genetico di auto-trascrizione del suo DNA l’aveva reso inidoneo ad ogni forma di mutazione ed evoluzione nella macchina, condannandolo eternamente alla biologia decrepita. Sarebbe vissuto meno di qualunque altra creatura senziente sul pianeta. Ma l’uomo con gli stivali era orgoglioso. Determinato. La sua menomazione genetica era diventata negli anni la sua forza. Aveva potenziato il suo corpo con la fatica degli esercizi e la sua mente con lo studio non autoindotto dal trapianto di nuovi neuroni.
I suoi anni era scorsi velocemente ma lui ora era arrivato dove nessuno dei mutati in metallo di quel pianeta ci era riuscito.
L’uomo dagli stivali era il Comandante del terzo battaglione dell’Esercito Imperiale, uno degli uomini più vicino all’Imperatore.
Ma in quei luoghi, lì, sperduto fra le foreste verdi e eterne tutti lo conoscevano solo come Jabash. Jabash, il cacciatore.

- Rapporto.
- Ci stiamo avvicinando. Saremo sulle coordinate in tempo utile.
- Eccellente. Proseguite.
- Tempo restante al contatto confermato.
- Nessun errore.

Il veicolo che trasportava il comandante Jabash era stato costruito per correre fra i tronchi della foresta. I lunghi arti inferiori di metallo sottile erano stati imitati da una specie anfibia del terzo sole di Zfr.09 ormai estinta da secoli. Lo studio dello scheletro aveva permesso agli scienziati comprendere la genialità degli arti e delle strutture di movimento ed adattarle ad un veicolo terrestre adatto agli ambienti più accidentati. Jabash era accovacciato in una nucchia chiusa da una semisfera vetrosa. Il veicolo correva spinto dalle lunghe leve dei suoi arti di locomozione.
Jabash sapeva che doveva sbrigarsi se voleva fare qualcosa.
Alzò gli occhi al cielo e nell’azzurro mattino parve scorgere una scia bianca e luminosa perdersi tra le nuvole.
Sta arrivando, pensò
.

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2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

good start

6:54 PM  
Anonymous Anonimo said...

molto intiresno, grazie

7:02 PM  

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