02 febbraio 2009

Nero bitorzolo di microtecnologia

Rami di Verdi Lame (12)
Il dispaccio all’Imperatore era stato spedito. Jabash calcolò che sarebbe giunto a destinazione in 1\3000 cicli standard. Quel tempo era come un limbo insensato, inutile. Una frazione vuota a separare il suo presente da quello dell’Imperatore. Uno iato che Jabash faticava a sopportare. La sua sopravvivenza dipendeva dalla sottomissione all’Impero. La sua stessa vita era l’Impero.
Seduto sullo scranno della stazione planetaria K.32, il comandante fissava lo schermo nero. Aveva scritto tutto all’Imperatore. Il suo miserabile fallimento, la sua inettitudine, la sua incapacità a scovare il monaco. L’aveva perso e ora, tra la fitta foresta, sarebbe stato difficile rintracciarlo. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a nulla. Liberò la mente allo stesso modo in cui il suo vecchio maestro gli aveva insegnato. Respiri profondi, diaframmatici. Lui che era ancora biologia aveva imparato le tecniche per intervenire sul suo corpo, aveva appreso il controllo e conquistato la sottomissione del proprio organismo alla mente e alla volontà. Jabash e la sua coscienza consapevole avevano fatto del corpo carnale uno strumento da utilizzare a piacimento, un mezzo governabile. La via del dominio.
Il Comandante fu però interrotto nella sua immersione, lungo il percorso di catabasi verso se stesso e il lato vivo della sua coscienza. Un trillo. Ripetuto. Fastidioso. Anacronistico richiamo sonoro nell’era della connessione neuronale collettiva e perenne.
Jabash aprì gli occhi con fatica, infastidito. Toccò con un gesto sbadato il meccanismo che portava all’orecchio destro. Nero bitorzolo di microtecnologia.

- Jabash.
- Comandante, l’abbiamo trovato?
- Avete trovato il monaco?! Dove?
- No. Non il monaco. Il cubo-merci. Del monaco però nessuna traccia.
- Maledizione. Dove vi trovate?
- Quadrante 2. Coordinate 22.87.34.
- Così distante dal punto previsto d’impatto?
- Si. Non sappiamo spiegarcelo.
- Perché sergente?
- Il cubo-merci è privo di modifiche. E’ un normale cubo-merci. Nessun motore ausiliario, nessun deflettore aerodinamico.
- Come ci è finito lì allora?
- Non lo sappiamo. I tecnici sono al lavoro ma al momento nulla è venuto fuori. Quasi che si sia trattato di un caso fortuito.
- Un caso…
- Comandante, ordini?
- Concentri le ricerche a terra nel quadrante due. A raggiera dal punto di atterraggio del cubo-merci. Nessun intervento senza il mio placet.
- Ricevuto.
- Sergente?
- Si, comandante?
- Esplori personalmente il cubo-merci. Attendo un suo dettagliato rapporto sul suo contenuto.
- Devo cercare qualcosa in particolare?
- Niente. E se ci fosse se ne accorgerebbe. Passo e chiuso.
- Sarà fatto. Chiudo.

Jabash si distese più comodo sullo scranno. La ruota del suo destino stava forse girando? Pensò al monaco. Lo stavano scovando. Non poteva essere lontano. Per la prima volta nell’arco della giornata si lasciò andare ad un sorriso di autocompiacimento, non avrebbe deluso l’Imperatore neppure questa volta. Avrebbe governato la vela del suo stesso fato.
Con un gesto improvviso si alzò e si diresse all’ampia finestra che dominava la punta della torre bianca imperiale.
Fissò la distesa di alberi sotto di lui. Verde oltre ogni limite, oltre persino la linea dell’orizzonte curva a seguire la forma del pianeta. Piccolo ma immenso per un uomo solo che voleva nascondersi. L’avrebbe trovato. A qualunque costo. E con lui anche il libro.

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2 Comments:

Blogger Logos said...

Riprende il viaggio del Monaco nel Pianeta della Foresta. Jabash lo aspetta.
Logos

9:53 AM  
Anonymous Anonimo said...

qualcosa di fantastico, direi...

11:26 AM  

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