25 marzo 2009

Flessuosa come una foglia

Rami di Verdi Lame (24)
Correvano. Veloci. Flessuosa come una foglia mossa dal vento la donna sfiorava alberi ed arbusti. Pareva volare nella foresta. Era la sua casa. Rami e foglie. Marrone e verde.
Sentiva solo il battito del suo cuore, veloce, ritmato. Un tamburo interno che dava il tempo ad una musica che esisteva solo nella sua mente. E nei suoi ricordi.
Stavano scappando. Lei e l’uomo dalla tunica. Non le importava capire chi fosse. Da dove fosse venuto. Per lei era sufficiente ciò che vi aveva letto negli occhi. Il medesimo odio e la medesima pietà. Odio per l’Impero e per il suo sterminatore, Jabash il crudele; misericordia per il Popolo della Foresta. Correva. Lo seguiva. Era davanti a lei di pochi passi e si muoveva sgraziato, non abituato alle regole della foresta. Ma era veloce. Innaturalmente veloce. Non aveva mai visto nessuno muoversi in quel modo. A scatti improvvisi, quasi imprevisti. Pareva sempre sull’orlo di una caduta, di uno scontro con qualche tronco sbucato oltre fitti cespugli ma riusciva sempre a schivare gli ostacoli e andare avanti. Sempre più in fretta. Persino lei, lei che era la figlia e l’amante della foresta, faceva fatica a tenere il suo passo. Lei sentiva la foresta, gli alberi le parlavano una lingua muta e immobile. E sulle loro parole lei correva, quasi volasse.
Si erano fermati nella radura al centro del piccolo villaggio per poco tempo. Avevano tentato di comprendersi ma lei era ancora stordita dal sibilo dell’orrendo cubo. Il suo udito era ritornato quasi alla normalità e lei era riuscita a cogliere il suono della voce dell’uomo vestito della tunica nera. Era profonda sebbene nascondesse un timbro ancora giovane. Era poco più che un ragazzo. Le parole di lui le erano sconosciute. Non aveva mai imparato neppure la lingua degli uomini dell’Impero. Non le serviva. Le bastava riconoscere le loro urla di dolore e di morte dopo i suoi attentati. Aveva raccontato all’uomo la sua storia. Non l’aveva mai fatto prima di allora e lui non aveva compreso nulla, aveva solo ascoltato il suono della voce lontana di vite passate divelte e recise.
Erano seduti ai pochi raggi di sole che filtravano dalle foglie in alto, lui osservava un oggetto che aveva deposto su una roccia e lei osservava lui. Fu lui ad accorgersene per primo. Poi lei sentì il dolore della foresta esplodere tutt’intorno. L’Impero.
Non conosceva neppure il suono della parola rispetto il vile Jabash. Li stava stanando con l’unico mezzo che conosceva: la morte e la distruzione. Sentirono le piccole vibrazioni di oggetti volanti, come uccelli di metallo. Sentirono il fischio delle bombe che si abbatteva sulla foresta creando spiazzi enormi ed innaturali. Udirono il violento rumore delle macchine abbatti-albero che l’Impero tante altre volte aveva usato per devastare la Foresta e, infine, dentro i polmoni percepirono il ritmo, cadenzato e basso, della marcia. Migliaia di uomini avanzava dietro gli abbatti-albero senza tregua, senza interruzione. Un passo dopo l’altro.
La donna li aveva visti molte altre volte ma non riusciva a trattenere il brivido di orrore di fronte ai soldati dell’Impero. Creature fatte di carne e metallo dagli occhi spenti e cattivi. Si era chiesto se erano vivi ma ben presto se ne era disinteressata. Come ogni cosa dell’Impero anche quelle creature semi umane le erano nemici.
L’uomo aveva raccolto le sue poche cose di fretta, deposto il libro delicatamente nella sacca e le aveva dato la mano. Un gesto semplice. Complice. L’intimità che lei non aveva più dato a nessuno dopo l’arrivo dell’Impero sul suo pianeta.
Lei gli prese le dita scheletriche e nodose.
Lui cominciò a correre. E lei lo seguì. Esattamente come ora. Senza nessuna apparente direzione.
Avevano un buon vantaggio dall’esercito dell’Impero ed ad ogni passo guadagnavo terreno. L’esercito si muoveva lento ma implacabile. Una marea oltre gli argini che dilagava ovunque seppellendo ogni cosa. Un fiume enorme, placido, che non si sarebbe mai fermato.
Per un momento chiuse gli occhi. Prima o poi li avrebbero raggiunti. Avrebbe avuto di fronte a sé Jabash. Sarebbe morta fissandolo negli occhi e sputandogli addosso tutto l’odio di cui sarebbe stata capace. Desiderò con tutta sé stessa che quel momento arrivasse presto.

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