18 maggio 2009

Il giorno in cui arrivò l’epidemia

Il giorno in cui arrivò l’epidemia

Il giorno in cui arrivò l’epidemia
Suina, ovina, equina
Divina
Riposi il giornale malamente piegato
E me ne uscì sulla loggia di casa.

Ascoltai i suoni e le voci:
dietro le parole un originario silenzio
di fine / d’inizio / d’inizio / di fine
e un brusio che si andava spegnendo.
Intuivo Voci di uomini.

Uomini
Rinchiusi in un confine grande quanto un intero pianeta
Biglie
Come senza ragione a urlare e cozzare.
Isteriche Voci.

Infine
La parola si spense
E giunse il silenzio.

Così
Rientrai in casa senza neppur
Chiuder la porta,
Nessuna luce era accesa
Solo una vaga ombra del sole
Rischiava i tomi
Muti e le vecchie poesie.

Mi stesi sul letto disfatto
E fissai il soffitto
(ceiling, come fosse un verbo, immoto).

Cercavo una crepa che si nascondeva.
Sapevo che c’era
E ad attenderla me ne restai.
Io e l’epidemia.
Insieme.

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Splendida, ha il sapore di qualcosa di passato ed estinto, malinconia direi.

Leo.

3:18 AM  

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