27 dicembre 2012

La Soglia e l’Oltre nella poesia di Lars Gustafsson.


La Soglia e l’Oltre nella poesia di Lars Gustafsson.

Nell’operazione di indagine che in queste pagine dell’Ermetica Ermeneutica e altrove stiamo compiendo si è andato via via delineandosi uno dei temi cardini di tutta l’espressione e l’indagine del Connettivismo. A parere di chi scrive questo tema può facilmente essere considerato la “causa primaria” da cui tutto il fare Connettivismo si origina.
Approfondendo potremmo osservare come questo tema sia anche da intendersi in un’ottica teleologica, come fine\forma del procedere del Connettivismo, come tensione continua ad un punto di arrivo che giustifica e dà senso.
Il lettore affezionato di NeXT avrà già compreso che il tema a cui stiamo facendo riferimento non è altro che l’”Oltre” di cui tanto si è già detto e scritto.
In altre pagine abbiamo osservato come l’”Oltre” rappresentasse nella poetica dei connettivisti l’elemento coincidente e rintracciabile in modo manifesto, palese. Si è osservato che la presenza di questo tema è così fattuale nella produzione degli autori connettivisti tanto che si potrebbe pensare che una poetica complessivamente “Connettivista” effettivamente esista e abbia nell’”Oltre” la propria chiave di lettura[1].
Appare necessario tuttavia, prima di addentrarci nella riflessione di questa ottava iterazione, dedicare un momento a una precisazione che è legata allo sviluppo attuale del Movimento.
Chi avesse frequentato le ultime iniziative del Movimento si sarebbe accorto come non si è più soliti parlare di “Connettivismo” quanto piuttosto di “connettivisti”, riconoscendo non tanto la frammentazione ma la diversità (a volte la divergenza) dei percorsi creativi e filosofici di autori che tuttavia si riconoscono come appartenenti a un comune sentire, un sostrato emozionale che li avvicina e rende il loro lavoro collegabile.
Non ci si rifà al Connettivismo come ad un Movimento istituzionalizzato in canoni e definizioni solide, questo Movimento non esiste, laddove mai sia esistito. Nel corso degli anni ci si è resi maggiormente conto della mancanza (e della non-necessità) di un’ortodossia connettivista in favore dell’assoluta, non imbrigliata azione creativa dei diversi autori, poeti, scrittori, artisti, film-makers, che si riconoscono in una comune emozionalità fluida.
I connettivisti, dunque, e non più il Connettivismo per garantire questa singola libertà espressiva e di indagine del reale che è però sempre, misteriosamente, inter-connessa con tutte le altre singolarità da un sentire vicino, identico e riconoscibile, da un’emozione osservabile.
I connettivisti operano all’interno di un palcoscenico filosofico senza confini, fluido e aperto.
Ma perché dunque nelle prime righe di questa ottava Ermetica Ermeneutica abbiamo ancora parlato di “Connettivismo”?
Lo abbiamo fatto perché nelle varie iterazioni di questa rubrica stiamo cercando di definire le caratteristiche prime, fondative, poetico\filosofiche che stanno alla base di quel sentire comune, di quell’emozione osservabile di cui si è appena detto. Quasi che fosse una sorta di minimo comun denominatore stiamo identificando gli aspetti più profondi e comuni alle diverse e autonome operazioni artistiche degli autori connettivisti.
Siamo ben consapevoli che non possiamo parlare di questa “emozionalità” comune senza darne conto al lettore o al critico: è necessario indagarla e palesarne le caratteristiche essenziali in modo da rendere “comunicabile” tale sentire.
Il materiale che giunge dunque dall’operazione di “estrazione” esegetica che qui stiamo compiendo lo vorremmo raccogliere e mostrare come il nucleo basilare dell’arte dei connettivisti, come quel “Connettivismo”, emozionalmente inteso, che raccoglie questi, così diversi autori, e li fa essere e sentire, nonostante le molte differenze, un Movimento letterario, artistico e culturale.
Connettivismo inteso dunque non più come Movimento coeso ma come filosofia coerente.
Dopo questa precisazione, quasi giornalistica, torniamo all’indagine che ci eravamo prefissi di affrontare in queste pagine. Come dicevamo è certamente il concetto di “Oltre” ad assurgere a punto chiave di tutta l’indagine dei connettivisti. “Oltre” inteso come oltre-nel-tempo, oltre-nello-spazio, oltre-nella-parola, oltre-nel-senso-comune; “Oltre”inteso però fondamentalmente anche come “Altro”, altrità-da-me, altrità-dal-mio-presente, altrità-dal-mio-esssere-uomo, ecc.
Vi sono tanti “Oltre” connettivisti quanti sono gli autori connettivisti ma questo non indebolisce affatto il potere del concetto dell’”Oltre” per la filosofia connettivista, anzi, ancora una volta ne determina la portata originaria e la potenza gnoseologica.
“Oltre” è il luogo del tendere del Connettivismo.
In questa Ermetica Ermeneutica vorremmo cercare di indagare alcuni aspetti ulteriori dell’Oltre” tentando di fare un approfondimento e dando a esso una descrizione mai presentata precedentemente.
L’intento di questa ottava iterazione è affrontare il tema dell’”Oltre” da un altro punto di vista inaspettato per poter lasciar emergere altre sue caratteristiche e peculiarità.
Per compiere questa operazione ci avvarremo, come di consueto, di quel marchingegno paradossale che è divenuto tipico di questa rubrica: ovvero lo spiegare i tema essenziali del Connettivismo leggendo e commentando autori lontani mille miglia dai connettivisti e dalla loro produzione (anche se forse carsicamente collegati da quel comune sentire a cui accennavamo sopra).
In questa iterazione l’autore che leggeremo è un poeta svedese di nome Lars Gustafsson.
Prima però di addentrarci all’interno della poesia di Gustafsson sarà necessario osservare il concetto di “Oltre” dalla nuova prospettiva a cui accennavamo e ciò sarà possibile solo dando all’”Oltre” un nome nuovo.
Sinora abbiamo attribuito all’”Oltre” il nome di “Limite” e lo abbiamo fatto intendendo quel limite in prospettiva Jaspersiana, ovvero come “Situazione-Limite”.
L’”Oltre” è sempre stato fondamentale “Altro”, alterità assoluta, tensione inappagabile a uno spazio ulteriore non raggiungibile. L’”Oltre” si è sempre configurato come “Confine”, “Limite”.
Certamente però questo “Oltre” non raggiungibile non è mai stato silenzioso. Come in Karl Jaspers, l’”Oltre”, pur rimanendo trascendente e inoggettivabile, nel contempo si è manifestato attraverso la “cifra” e il “simbolo”: l’”Oltre\Altro” è apparso, alla fantasia intuente e interpretante, come una “scrittura cifrata” in cui qualcosa della trascendenza si è dato di “traverso”, si è rivelato, sebbene in modi sempre inadeguati perché condizionati dall’essere-qui-e-ora del soggetto[2].
L’”Oltre” dunque resta “Oltre”, aldilà, limite non travalicabile, ma il soggetto, agente nel suo essere indagatore dell’Altro, coglie, intuisce, percepisce vagamente, come un’ombra ai margini del campo visivo, che qualcosa sta aldilà. Questa intuizione, così splendidamente poetica, è la via obsura all’”Oltre”.
Come però sottolineavamo nelle righe precedenti questa interpretazione dell’”Oltre” lo pone come fondamentale “barriera” al procedere esegetico dell’uomo: limite e confine.
L’unica via di accesso all’”Oltre” è una sorta di incantesimo poetico che consente di lasciar evocare e intuire ma che mai permette di afferrare ciò che resta al di là e altro.
In queste pagine vorremmo dare al concetto di “Oltre” un differente nome e osservare come in base a questo nuovo significante possa emergere un nuovo significato di “Oltre”.
Intenderemo nelle pagine a seguire l’”Oltre” non più come “Limite” (Situazione-Limite) ma come “Soglia” e osserveremo le conseguenze ipotetiche di questo slittamento semantico grazie alla produzione poetica di Lars Gustafsson.


[1] Nonostante alcune critiche anche recenti mosse all’apparente frammentazione del Movimento.
[2] Un ringraziamento a Carlo Sini e alle sue parole espresse sul volume dell”Enciclopedia Garzanti di Filosofia” a pag. 576.

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