16 febbraio 2010

Il Baltico mi aspetta

Il Baltico mi aspetta

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Fumo un tabacco umido che sa di liquore

E osservo una carrozza passare

E un vociare di donne e bambini

Non li vedo oltre quel muro,

Forse un asilo, forse una casa.

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Le ultime notizie non raccontano nulla

Proclami, editti, propaganda.

Mi ricordano le storie che ascoltavo

Nei giorni alla corte dell'Imperatore

Carlo, Federico, Ottone? Importa?

Non ricordo e il Munde continua a scorrere.

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Non si sente più l'odore di polvere da sparo

E le nubi nel cielo sembrano cariche solo di pioggia

Forse un tuono ma nessun temporale appare all'orizzonte

La solita guerra infiamma il Baltico

E su questa spiaggia tutto appare lontano.

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Sfilo il cappello e sento il vento freddo

Oltre il Baltico c'e' il ghiaccio

E qui la guerra e il fuoco, il sangue.

Una ragazza ride e un giovane le sorride

Ripiego il giornale e mi incammino

Lungo il fiume verso il mare.

Il Baltico mi aspetta

Grigio come sempre.

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Vivo nel silenzio della tua anima

Vivo nel silenzio della tua anima

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Vivo nel silenzio di suoni che non riconosco

Blaterii, mormorii ed urla

Le tue urla

Che s'infrangono contro la medesima aliena indifferenza

E io continuo a vivere nella casa che guarda il cielo

Un po' eremita, un po' lebbroso

Cercando di imparare i silenzi

Con cui tu biascichi frasi

Neppure rivolte a me.

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Tendo l'orecchio

Alzo le mani a coppa e mi concentro

Odo un tacito silenzio

E vedo vaghe lettere farsi condensa

E brina mattutina

Ma non le capisco

Maledizione io non le capisco.

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Quale lingua parli? Da quale paese viene il tuo silenzio?

Non ho dizionari nelle mensole invase dalla poesia

Con cui cercare assonanze e perifrasi

Per decifrare il tuo muto non esprimerti

Neppure i punti e le linee mi sono venuti in soccorso

E nelle mani solo silenzio

Identico silenzio.

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Vivo nel silenzio della tua anima

Che sembra nera

Nera più nera della mia

E provo paura.

Non dire una parola

Io non verrò salvato.

10 febbraio 2010

Sul Baltico c’è la guerra

Sul Baltico c’è la guerra

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Ho il diavolo alle calcagna,

Lo senti?

La porta della camera degli ospiti

Sbatte violentemente

La finestra sul giardino all'italiana

Guarda il mare

Oltre la riva,

Una battello scorre via

Placido sul Baltico.

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Non sono a Samarcanda,

C'è il mare a Samarcanda?

Una nube grigia precipita nel cielo

L'alba si alza oltre le colline

E le stanze sono fredde e silenziose,

I cocci nel camino spenti,

Solo un vago odore di legna arsa

E polvere nera.

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Chi ha apparecchiato il tavolo per la cena?

Le posate sono quelle d'argento?

I corridoi sono silenziosi

Come quando ancora tutti dormono

Scivolo nelle stanze e osservo

La penombra sugli oggetti,

Mi pare di non riconoscerli.

Dove mi trovo?

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Se qualcuno dovesse bussare alla porta

Dovrei aprire e lasciarlo entrare.

Chiederebbe il permesso?

La poltrona cremisi di stoffa consumata

Sembra spostata e guarda un altro angolo,

Strascico i miei passi verso la veranda,

Ascolto la pioggia che cade,

Il vento che soffia e quei mormorii

Oltre il bosco là in fondo.

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La casa è grande, tante stanze deserte

E so di essere solo ad aspettare nel porticato

Che qualcuno si alzi e scenda a fare colazione.

Chi preparerà le uova? e il caffè?

La servitù se ne andata tanto tempo fa

Che abbiano rubato le stoviglie?

Guardo il mare e un altro battello scivola via,

Uno sbuffo, un lontano riecheggio.

Sul Baltico c’è la guerra.

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08 febbraio 2010

Storie dal Baltico

La carrozza scivolava sul viale

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Si addensavano le nubi,

La carrozza scivolava sul viale

E il filare di cipressi ondeggiava

Pensando ad altro.

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Scostai le tende e guardai il giardino,

Il respiro si addensava sul vetro

Il mattino si offuscava nella mia nebbia,

La carrozza scivolava sul viale.

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Il camino era spento e la stanza fredda,

La crepa sul soffitto lunga e nera,

La carrozza scivolava sul viale

E io restavo lì, avvolto nel silenzio.

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La carrozza scivolava sul viale,

Una donna forse se ne andava,

Le ruote lasciavano tracce nelle neve.

Il cancello era aperto e il baltico un poco più in là.

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La lega Anseatica armava le sue navi

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La lega Anseatica armava le sue navi

Mentre nel cielo un temporale

Nero si addensava.

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Da sud si udivano gli scoppi

Ma era un giorno di festa

E forse erano solo fuochi d'artificio.

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La città correva e le strade si intrecciavano

In un intrico di labirinti

E intorno le mura, immobili.

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Fogli di propaganda mulivano ovunque

E quotidiani d'assalto

Si sgualcivano a terra.

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Nell'aria il denso odore

Di carbone e polvere da sparo.

La guerra era ormai prossima.

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I teatri erano chiusi:

Le ballerine prostitute

Le attrici sguattere e gli attori al fronte.

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Un cane correva inseguendo un gabbiano

L'urlo e il guaire sulla spiaggia, e un poco ovunque.

Nelle case solo silenzio.

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La lega anseatica ha armato le navi

Hanno lasciano Il porto,

La guerra sta per cominciare.

04 febbraio 2010

Scompongo la realtà in frammenti

Scompongo la realtà in frammenti

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Scompongo la realtà in frammenti

Sonori

Ritagli di un paesaggio dipinto

Su una tela strappata,

Cerco di ricomporre i cocci di una torre

Che giace inconclusa.

Gli architetti persi in spirali

Di miliardi di idiomi.

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La sinfonia non ha memoria

Del ritmo, il fraseggio

Muta perenne

In reiterate sonate,

Spogli pentagrammi:

Nessuna nota

Verrà cantata.

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Mi districo a zig zag

In scie di boati, rumori e voci,

Blatero silenzi,

Non ho più lettere da pronunciare

Dove mi trovo?

Ancora sto inseguendo quel suono?

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Arresto ogni respiro

Rallento il palpitare del cuore

Faccio silenzio dentro me stesso

E odo i bisbigli del reale,

Sono in una casa che si affaccia

Sull'oceano del suono

E in esso vado alla deriva:

Perdo il mio nome?

Nel fragore il mio nome

Nel fragore il mio nome

Nel fragore il mio nome,

Nella risacca le mie lettere.

Urlo silenzi e cocci di pietra.

Riconosco idiomi

E frammenti di suoni

Alla deriva in un mare sonoro.

Tempeste di rumori e marosi di bisbigli,

Mi perdo cercando un nuovo silenzio

E approdo su isole

Di parole sconosciute

Caos di mormorii

E boati di consonanti,

Non li comprendo e vengo travolto,

Ancora e ancora.

Scavalco colonne di Ercoli ammutoliti

E corro trascinato verso

Paesaggi di carta che si accartocciano,

Umidi all'orizzonte.

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Parola

Parola

Non percepisco alcun colore

Sono pura parola

Logica

Di una melodia che nessun strumento suona

E nessuna voce canta,

Sono forma di una scultura

Non ancora scolpita:

Giaccio nel ricordo

Di chissà quale altro

Me stesso.

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Nessun colore

Nessun colore

Solo una pura forma

Nessun colore

Solo una parola

Cinica e vera.

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Ricerca

Incosciente

Avvolto nel sonno

Del silenzio che bisbiglia

Cerco il mio nome

Ed e' così che comincia

Ancora una volta

La mia eterna

Ricerca.

02 febbraio 2010

Buio, silenzio e qualcosa in attesa

Buio, silenzio e qualcosa in attesa

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Silenzio in questa stanza nera,

Tento di ascoltare un suono che non arriva,

Il bisbigliare di scarabei contro ossa frantumate

Il rumore di passi leggeri e affrettati

Le note di una melodia appena intonata,

Ma intorno resta solo un cupo vuoto

In cui ogni sospiro scompare

Come avvolto in un sonoro

muto buco nero.

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Giaccio nel silenzio e chiudo gli occhi

Aggiungo buio al buio

Provo a mormorare una vaga litania

La riconosci? Io non la ricordo neppure.

Soffio parole che si infrangono

E nel niente intorno a me si perdono.

Non vi sono forme, tutto è indistinto

In un tetro assillante colore.

Nessun sipario si alza e il palcoscenico

Pare non esistere.

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Ti vedo, no, non c'e' nessuno qui,

Solo il lugubre velo dei miei ricordi

E qualcos'altro che non ha nome.

Cerco di ricordare chi sono,

La mia lingua sanguina un nome

Che mi appartiene

Il mio nome, ancora una volta

Ma così piccolo contro il nero

Vorace che mi circonda.

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Stringo le mani contro il cranio

Soffoco il mormorio che non arriva

Ho paura e smetto di respirare,

Imito la morte e lotto contro il tremore,

Nessun fruscio, nessun rumore, nulla

Oltre il limitare di me stesso,

eppure sono certo

il mondo là fuori ancora esiste.

Buio, silenzio e qualcosa in attesa.

Non Versi

Non Versi

Io sono

Nel nero

Col nero

Per il nero

Una parola

Senza forma

Che va svanendo

Senza alcun colore

A ricordarla.

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Abdico

E nel sonno mi rifugio


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