17 agosto 2007

Una vita prima



1.
Terra lontana,
da romani valli protetta
simbolo antico
di inviolata libertà.
A me sì cara.

Aspre rocciose
Vedute,
tra la nebbia fumosa
e le spume del mare.
Incanto dell’anima.

Celeste manto
Di grigie nubi,
sottili aghi
sul verde piovoso.
Note mie affini.

Laghi improvvisi,
Tra colli nascosti,
segreti guizzi
di mostri narrati.
Conosciute leggende.

Confine del mondo,
Altezzose scogliere
Sugli ondosi moti
Del selvaggio Nettuno.
Infinità fragilità.

Ambiti luoghi,
da Re e Regine,
mai posseduti,
dai secoli oscuri.
Dono negli occhi.

Pini solitari,
su brulle alture,
a fissare lontani,
deserti castelli.
Magia d’un tempo.

Lugubri suoni,
echi fra tetre foreste,
di strumenti soffiati
e al musico stretti.

Cupe sonorità.
Deserte strade,
in pascoli popolosi,
verso eremi villaggi,
d’un castello ombreggiati.
Tempo interrotto.

Immagini,
della mente mia libera,
di un luogo mai visto
chiamato casa.
Desiderio agognato.

Ora, dandoti il braccio,
nel cammino scozzese,
scoprire, la mia libertà:
il tuo arabo volto.
Limpida semplicità.

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Ante viaggio

1.
Scivola l’asfalto
Colloso e caldo
E piano si deforma
Sotto i passi
Ansanti della corsa
Verso il nulla
Spedito là in fondo.

2.
Vedo dalla finestra
Il solito mondo
Dal tempo sfregiato
Di impensate modernità.

Palazzi ed antenne
Barricate improvvise
Là dove un tempo
Solo alberi e nulla.

Ritorna la memoria
Alle ore incantato
A sognare il futuro
Che è oggi.

Diverso il paesaggio
Così come il presente
Che scruto insolente
Dallo spiraglio della vita.

3.
Una sera sta calando
Indolente e indifferente
Il buio sembra annunciato
Da un vento insistente.

Seduto, versificando
Sulla pigra sedia
Un poco immagino
E molto ricordo.

Domani altri luoghi
Sfondi sfumati
Di pensieri ritorti
In fantasie folli.

Presente d’attesa
Nulla mi impegna
Se non l’aspettare
L’uguale domani.

4.
Fremiti
Lungo la spina
Di una schiena
Curvata e deforme.

Brividi
Sulla pelle
Cauterizzata
Da ferite deturpate.

Gemiti
Di dolore soffuso
E concitati respiri
Di orgasmi di morte.

Urla
Silenziose invocazioni
E speranze rinsecchite
In cadaveri di me stessi.

Silenzi
Rumorosi e assordanti
Nessuno ascolta
La muta preghiera.

Oblio
Domani il viaggio
E sarà solo quiete
Di una coscienza già

Morta.


5.
Par che si faccia
Il tempo più lento

Trattenuto respiro
Di attimi ripetuti

Un’assenza nell’aria
E un’ossessiva presenza

Un nulla intorno:
Profumo di pioggia.

6.
Ho letto Carver
Parlare con Murakami
Di Pontiac e umiliazioni

Ho sorriso perché con loro
Vi sono anche sedute
le mie umili

Mille tragedie.
Datemi la tazza di tè
Con voi la berrò.

7.
Il deserto di sabbia
Nell’ampolla a cipolla
Di una strana clessidra
Scivola untuoso

Nel piccolo foro
Del mio vago presente
E cade nei vasi
Di mille passati.

Le ambrate sculture
Nella memoria dipinte
Manichini danzanti
Ai nostalgici suoni.

Ammaliato ondeggio
Al ritmo ossessivo
E solitario mi perdo
Nella stanza dei ricordi.

8.
Che sorga!
Il giorno nuovo che sorga!
Io sono qui
Sul ciglio
Di una strada
Immobile.

Attendo
E aspetto di vedere
Il raggio di luce
La lama che fende
Il nero
Che giace
Qu’attorno.

Quale sole?
Ma quale sole
Giungerà nella notte
Se il buio
È solo
E sempre
Dentro ogni mio
Stanco pensiero?

9.
Lo spazio bianco di un foglio intonso
Mi fissa ribelle e assordante mi insulta
Non sei nulla, neppure un poetastro
Essere inutile e nemmeno uomo
Come sempre sorrido, triste
E un po’ sardonico.
Che abbia ragione:
Lo prendo e lo getto
Bianco ed appallottolato.


10.
Passeggiando per le vie
Ricoperte di ghiaia
Come di glassa
Zigzagando fra castelli
Ruderi e laghi
Giunse in cima
Ad un altura rotonda
Stanco sedette
In bilico a cadere.

Gli occhi socchiuse
E lasciò srotolarsi
Le trasparenti figure
Festival in festa
Nel teatro della mente,
Cercava un volto
Fra le maschere bianche
E forse due occhi.
Ma rimase deluso.
Uscì brontolando
Tra il brusio fastidioso
Dei molti se stessi
Che lì vi indugiavano
Condannati o drogati
A rivedere sempiterna
La vita vissuta
Gli errori commessi
E altre scelte.

Sul marciapiede davanti
Osservò la facciata
La locandina dipinta
Frugò nelle tasche
Un accendino o un fiammifero
Per dar fuoco e bruciare
Ma si accorse
Che non fumava.

Spedito e chino
Il capo coperto
Da un cattivo acquazzone
Senza un ombrello
S’incamminò spedito alla strada
Che prima non c’era
E in una locanda
Decise di entrare.

Bevve e mangiò
Non ricorda che cosa
Se non forse una cipolla
O una mezza clessidra
Poi sputacchiò
granelli di sabbia
Attimi caduti
per una strana ragione
In quell’ampolla.

Tornò dal se stesso
Seduto all’altura
Che come un giocattolo
Ciondolava sull’orlo
Di un identico abisso
Nero, come gli occhi
Che in un altra cipolla
Avrebbe incontrato.
Aura diversa.


11.
Non piove
In questo luogo non piove
E quest’uomo quaggiù
Con uno strano cappello
Apre un ombrello
Sgualcito e rotto
Come sapesse
Che laggiù
Si, proprio laggiù
Oltre quei monti
S’addensano nascoste
Insidiose e perfide
Nubi argentate
Gonfie di pioggia.

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Viaggio

1.
Sull’orlo di un viaggio
Non ancora iniziato:

Valigie che trasportano turisti
E carrelli da pulizia
Sospinti da regine africane
Dimentiche della loro corona.

Belle donne possedute
Dagli occhi acquosi
Di uomini soli
Con seguito di mogli.

Gente seduta, gente in piedi
Gente che va avanti e indietro
Gente che chiede, gente che risponde
Gente che non sa d’esser gente.

Il silenzio e i pochi brusii
Di partenze intelligenti
Senza folla e con una triste
Follia, aspettano qui attorno.

Annunci e ritardi
Statiche attese e frenesie
Sorpresa di scoprire ovunque
Gli identici luoghi, gli stessi pensieri.

Sull’orlo di un viaggio
Non ancora iniziato
Lungo una fila di sedie deserte
Il cielo è blu e l’aereo in sosta.

2.
Odore di pizza surgelata e riscaldata
In ultramoderni forni a microonde
Grida di due bambini viziati ed identici
Donne in bilico su una crisi di panico.

E il volo prosegue indifferente
Mi volto e vedo le facce, tese o sognanti,
molte addormentate e mi chiedo
Quando sia iniziato il loro viaggio.

Un pomeriggio assolato seduti in veranda
A progettare con la fidanzata di sempre
Oppure una notte in riva ad un fiume
Urlando l’umiliazione e il tradimento.

Le hostess fanno avanti e indietro
Processione liturgica di un dio in vendita
“Acquistalo con le principali carte di credito”
Transunstazione superalcolica e profumata.


E’ questo il mio viaggio, la mia Scozia?
E’ questa la nebbia, la bruma, i castelli
Solitari in cui specchiare la mia solitudine?
Quando inizia un viaggio?

Intanto l’aereo prosegue nel rombo dei motori
Le ali si appoggiano sul cielo nuvoloso
E tutti noi scivoliamo incoscienti e ciarlieri
Verso una destinazione che appare

Uno scherzo d’immaginazione.

3.
Se l’aereo precipitasse
Mi chiedo se urlerei
Oppure se resterei attonito
In religioso silenzio
Osservando il panico
Straripare intorno a me.

No, credo che griderei
Come un folle rinchiuso
Che artiglia le sbarre di una stanza
Imbottita di pillole colorate
In attesa di perdersi ancora
Nei morfinici sui incubi malati.

4.
Dove va l’acqua incessante
Che scorre in quella direzione?

Laggiù, la vedi?

Una piccola barca malinconica
Resta immobile un po’ ciondolante
E la corrente avanza, perpetua.

Sembra aver fretta d’inseguire
O forse fuggire un ricordo,
sospinta dal vento pesante
verso una meta solo sognata,
scivola identica a se stessa
E un milione di volte diversa.

Una bianca casa sul promontorio

Si, proprio là in fondo

Osserva curiosa
La gente che passa
E l’acqua che scorre.

Su questa panchina
Ancora ostinato mi chiedo

Dove va la mia vita?

(La barca a cui fa riferimento la poesia è quella
che appare sulla copertina di questo libro)

5.
Passeggia una donna
Con i capelli biondi
Di un giallo dipinto
Girasoli improvvisati
Nel cupo di un giorno
Di freddo rannicchiato.
La vedo passare e oltre
Un albero svoltare
Nel nulla svanire.
E’ stato un attimo
Un bagliore luminoso
E un caldo ricordo del sole
Che nel cielo pare
Scomparso,
Come in fondo al mio
Cuore.

6.
Sedeva ad un tavolo
Tra rossastre sculture
Di putti feroci
E fumava sigarette unte
Di freddo e nebbia,
Se ne stava così
Con la barba a fissare
Le macchine passare.

Poi mi voltai forse chiamato
Forse disturbato
Da un rumore della mente
E il vecchio scomparve
Nella casa bianca
Che sorge sul mare.

Mi chiedo quali incredibili storie
Il vecchio andava raccontando
Al suo annoiato riflesso
Stampato sullo specchio.

Da anni se ne resta
In attesa dell’applauso
Mai giunto.

7.
Stamattina mentre nel bagno
Addormentato e infreddolito
Sciacquavo i denti appena lavati
Mi sono ricordato di te
E mi sono reso conto
Di come un tempo
Ormai lontano
Sono stato invidioso
Persino dell’odio che avevi
Per l’altro, mentre per me
Solo indifferenza.

8.
Alcune mattine mi sembra
Di essermi svegliato
Come dopo un viaggio
Nelle piaghe del tempo
Sospinto da un macchinario
Astruso e complesso
Nel tuo tempo,
ancora.

Mi sembra di sentirti ridere
E del tuo calore percepisco
L’alone profumato,
La tua invisibile presenza,
Diafana assenza,
E’ qui con me
Su questa panchina
Ventosa e fredda.

Mi volto improvviso
E mi sembra di scorgerti
Tra la folla che corre
E se ne va nella città
Delle terre altre scozzesi
E in altri pensieri si perde
Indifferente e solitaria.

Ma urla la mente
Tra i soliti brusii
E ricorda il presente
A cui costretto mi sottometto:
Siamo un’ombra appassita
Che vive nella mia mente
E neppure più nella tua.

9.
Un castello ed una cattedrale
Sullo sfondo di una collina
E di nuvole bianche
Ammassate nel cielo
Un dipinto, un luogo
In cui certa si nasconde poesia.

La scoverei se sapessi almeno
Dove sono io.

10.
Corri poeta,
non fermati mai,
non lasciare che il presente
s’invischi intorno a te.
Lascia la poesia libera
Di viaggiare
Che possa
Almeno un poco
Ricordare.

12.
Sto inseguendo un silenzio,
Mi precede d’un passo
Ne seguo le orme
Da quelle scogliere là dietro
Che piombano a dirotto
Nel mare furente
Di un nord inesplorato.

Dal rumore e dalle voci
Che affollate popolano il momento
Di ogni mio presente
Sfuggo dimenticandomi
D’essere uomo, d’essere vivo
E nel silenzioso non-tempo
Mi perdo e piano scompaio.

13.
Finché l’uomo non giunse
Nel luogo in cui il cielo
È più grande.

Salì un leggero declivio
Impastricciato d’un fango mattutino
E d’una bruma vespertina.

Camminò e si perse
Fino a che non sedette
Su una roccia un poco in attesa.

Se ne restò seduto
A cercare oltre le scogliere
Un albatros dal mare salire.

Oltre un cespuglio fissava
Un punto preciso per le ore
Che certo non aveva.

Un battito d’ali femminile
Elegante e maestoso
La bianca figura venire.

Da tempo inseguiva,
Sedendo sulle rocce
D’ogni inutile scogliera.

Fu dopo un’ora o mille più
Che l’uomo stanco
Piano si alzò e se ne andò.

Di là da dove era venuto
Ad aspettare su un masso seduto
E si incamminò mesto.

Capo chino sotto il cielo più alto
Mai si voltò a guardare
E ancora a sperare.


14.
Un biglietto trovato
In un dolce della fortuna
Seduto in un ristorante cinese
Nella città più a nord
Di tutta la Scozia
Mi ha predetto
Che i desideri del mio cuore
Si sarebbero presto realizzati.

Ho mangiato il dolcetto
E gettato il biglietto.

15.
Il cielo è vivo
Popolato da fantastiche creature
Ispirazione di favole
Storie e leggende,
le mie leggende.

Non ci sono dipinti
Di nuvole nel blu oltremare
Ma reali serpenti
Ad inseguire draghi infuocati
E nani, gnomi ed elfi eleganti.

Il cielo è più grande
In queste Alte Terre
Incombente sul capo
Chino di un uomo
Che ancora cammina.

16.
Sai quei pomeriggi
In cui fuori fa freddo
Ma non troppo
E il cielo è grigio
Con le nuvole che si inseguono
Pigre in un gioco
Sbadato?

Sai quei pomeriggi
In cui il tempo pare incastonato
Nella gemma azzurra di un momento
Che si lascia guardare,
Possedersi riflessivo
E resta solo il desiderio
Di vederlo andare
Oltre?

Sai quei pomeriggi
In cui siedi sulla solita sedia
Scricchiolante e cara
E non fai null’altro
Che tacere e guardar fuori
Gli alberi, il prato e il vetro
Trasparente della finestra
Con le tende calate
Come palpebre assonnate?

Sai quei pomeriggi
In cui ci si pasce
Nel lasciarsi condurre
Dal carretto dei pensieri
Ovunque e persino oltre
L’altura là in fondo
Su quel sentiero
Frastagliato e ghiaioso?

Sai quei pomeriggi, vero?
Si, di certo li conosci
Li desideri e li temi
Spaventata e curiosa.

In quei pomeriggi
Che sono anche i tuoi pomeriggi
Io vorrei solo sdraiarmi
Su un morbido letto
E buttare il braccio oltre
Le tue bianche spalle
E stringendoti
Con te solo dormire.

17.
Quanta vita in ogni angolo del mondo
E io posso solo esser qui
In questo luogo
Circondato dalle mura
Di un’antica fortezza.

Corro frenetico
Ogni piccolo anfratto
Di questo angusto spazio,
Che tutto sia mio
Sino al limes là in fondo!

Ma oltre non vado,
Confinato nell’attimo
Di un qui ed di un’ora
A cui condannato
Non tento ribellione.

Ma quanta vita nel mondo!
E piccolo mi faccio a pensare
Che là ed oltre ancora
V’è gente che vive
Di cui io nulla conosco
Se non forse una comune
Condivisa
Compassione latina.

18.
Entrò schivando la gente
Che per altre ragioni era in coda
Attendendo sperati godot,
Osservò con la fronte aggrottata
L’elenco lassù esposto
Frugando tra le poche monete
Che aveva in tasca
Gli spicci necessari per un caffè
Pensoso.

Un passo e fu al banco
Un ordine distratto
Senza neppure guardare
Se non forse il consueto e triste
Velo dei suoi ricordi.

Una domanda, una voce
Improvvisa
E i due occhi a fissarlo
Un sorriso, una parola
Cerchiata dall’azzurro delle iridi
Polacche
D’un nero velate.

Balbettò una risposta,
Biascicò un grazie,
Prese la tazza
E se ne andò
Per sempre.

Nessuno seppe mai
Se lo sguardo blu
Degli occhi polacchi
Lo seguì oltre la porta
Perdersi nella città
In festa d’un festival
Tra la gente e le strade.

19.
Si alzò di notte
Svegliato da un rumore
O forse da uno stimolo
Intontito dal sonno alcolico
Di un Whisky scozzese.

Guardò fuori la finestra
E là sulla piccola piazza
Vide il sogno che aveva appena interrotto:
Una donna camminare
Tra demoni e mostri.

Fortuna volle
Che le finestre avevano le tende
Tese il braccio e senza guardare
Oltre ed ancora
Chiuse i ripari.

Tornò a letto, si voltò
E sul suo solito lato si addormentò
Fino al mattino senza sogni.

20.
Rimbomba nelle cuffie
Una musica triste
E lamentosa mentre l’aereo
Sale lasciandosi dietro
Terre e giorni passati.

Fa freddo e nelle spalle mi stringo
Strofino le braccia addormentate
Poi all’improvviso un cerchio
Di luce sul foglio
E sulla penna posata.

Guardo fuori,
Siamo sopra le nubi
Pesanti di pioggia,
Il sole ci accoglie
Quasi indifferente
Dei suoi molti altri
Significati.

Ma lo sprazzo di luce
Che sulla mia pagina è caduto
Dopo il grigio delle nuvole
Che indietro mi sono lasciato
Non è metafora.


21.
Stanca, ti vedo stanca
Camminare avanti e indietro
Sullo stretto corridoio
Di un aereo
Che va avanti e indietro
Sul mare là sotto.

Fermati un po’,
Vorrei sussurrarti,
Siedi con me
E raccontami la storia
O anche un’altra.

Smetti di camminare
Per un solo momento
E io non farò altro
Che ascoltarti.

22.
Ho letto Carver
Ed ho immaginato la neve che cade
Lentamente ed inesorabilmente
Fuori da una finestra
Della stanza ed un camino che rischiara
Di luce rossa le poche cose
Sparse qua e là.

Su una vecchia poltrona sono seduto
A sorseggiare una tazza fumante
Di spezie ed erbe e a guardare
Oltre il vetro la neve che cade
In fiocchi tutti uguali.

Poi mi sono ricordato
Di quanto ti piacesse
Il bianco immacolato
Della neve posata
Come polvere grigia
Sugli oggetti del mondo,
Una patina di purezza
Immacolata e senz’orme
Di furtivi passaggi, di uomini e ricordi.

E allora mi son fatto triste
Perché da allora
Io odio la neve
Che come il circo
Mi regala solo cupa
Malinconia.

23.
Barcollo come un ubriaco
Lungo una strada fangosa
Senza sapere dove andare
A trovare riparo
Dalla notte che incombe
E dalle nubi che piano si addensano
Un poco più in là.

24.
Ho inseguito un orizzonte
Che correva un attimo
Più veloce di me
E allora imprecando tra i denti
Mi sono fermato
E l’ho lasciato andare
A perdersi
Dietro una curva
Oltre quella collina
Brulla in fondo.

25.
Sono stanco
E mi chiedo a chi importa
Di queste poesie
Della fatica in esse nascosta.
Parlan solo di me
E nessuno le ascolta
Ma che importa?
Già, che importa?
E’ forse meno vero
il dolore di un uomo
Di cui nessuno assaggia
Il salato sapore
Delle lacrime
Che sgocciolano
Sulla terra umida
Di pioggia?

26.
Un cacciatore scozzese
Con un pessimo accento
Ha attraversato la strada
E guardando a sinistra
Ha alzato il fucile
Poi con un sorriso non ha sparato
E si è perso oltre quella boscaglia
Dove le pernici cantano
In festa.

27.
Ho imparato a non pensare
E a non ricordare
Vivendo solo
Di un momento che si rincorre
Identico.

Come la traccia
Bianca nel cielo
La scia di un aereo
Che basta un alito di vento
E subito scompare.

28.
Ripenso a questo viaggio
E mi accorgo che i soli luoghi
Che ho visto e camminato
Sono quelli della mia mente
Le rovine e i castelli, i ricordi
Di regni passati.

Resterò confinato
Tra le mura del mio pensiero
Seppur viaggerò
Tutti i luoghi del mondo
Accompagnato sempre
Dai i vari me stessi.

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Post Viaggio

1.
(Dedicata a Mark Strand)

La minuta astronave
Col pilota automatico
Giunse sul pianeta
Delle cose perdute
Dove accatastate erano
Appunto, le cose smarrite
Dagli uomini, dai bambini
E dalle donne
Della sferica Terra
E di qualche altro
Ignoto pianeta.

Il poeta scese i traballanti gradini
Dello scavo argentato e griffato
Sino al suolo ondoso
Coperto di strana glassa
Colorata e appiccicosa
Unta e molliccia.
(Sono le buone intenzioni
Dei giorni sprecati
Finiti nel colmo cestino
Della pigrizia e del niente).

S’incamminò il vecchio poeta
Ed ad ogni passo un viscoso rumore
Delle suole sguazzanti nella melma
Colorata di propositi
Dimenticati e disseminati
Ovunque lì intorno.
Lontano, finché giunse improvviso
Ad un grigio orizzonte
Che maestoso gli si fece d’innanzi,
Presentandosi cortese.

Sono il muro
Dei nomi
Dei molti nomi
Smarriti nell’oblio
Della non esistenza
Precipitati urlanti
Dalle menti e dai ricordi
Degli odierni viventi
Sino a che niente ne resta.
Poeta, qui li vedi
Incisi nel fuoco
Della mia grigia parete,
Osservala estendersi
Sin dove il tuo occhio arriva
E pure l’altro,
Questa la mia lotta
Impari ed eterna
Per ricordare
Chi visse
E il nome
Di ognuno
Degno ed indegno.
Aiutami ti prego,
Nella tua mente ora
Ricorda un nome
Ancora una volta
Sussurralo,
Fatti con me
Baluardo a difesa
Del nulla.

S’allontanò il poeta
Dal muro parlante
E pregante
Ripetendo tra sé un nome
Forse il solito
O forse un altro
E giunse così
Alle porte di un sinuoso castello,
In bilico le torri
Costruite su colline scoscese
E dirupi d’abissi
Neri e spaventosi,
Torrioni possenti
Inclinati d’un lato
Come bastasse una parola
Pronunciata più forte
Per fracassarli a terra
Fragore di fragore.

Stupito il poeta,
Che pur di follie ne sapeva
Verso la porta
Metà ovale
E metà angolare
Mosse furtivo e un poco guardingo.
Ma ecco sbucare
Da un pertugio
Quadrato ma storto
Tondo e angolato
Un giullare
Vestito da buffone
E d’attore.
S’arresta il poeta
Al gesto dell’omino
Dal giallo cappello
Allacciato alla cintura
Avvolta sulle spalle
Curve del peso
Di un milione di vane risate.

Un foglio sgualcito
L’arlecchino consegna
Impertinente e silente
Al poeta magniloquente.
Poche parole da mano tremante
Vergate a caso nel bianco
Son tracciate
Le legge il poeta
In un solo boccone
Come fossero
Indigesta leccornia
Le sente sulle labbra
Sulla lingua e tra denti
E poi giù veloci
Verso la gola e ancora più in fondo
Allo stomaco molle.

Ma quali parole?
Queste che lette costringono
Lo sperduto poeta
(caduto con la sua astrusa nave
Sul pianeta delle smarrite cose
Lì gettate per non esser ritrovate)
A fuggire e scappare
Senza guardare neppure
Lo strano giullare
Vestito d’attore
Sguainare risate
D’insulto e pazzia.

Cinque o sei forse
A dire il vero non ricordo
Credo di averlo
Dalla mente scordato
Come un pianoforte
Un po’ difettoso
Che perde per strada
Continuamente il là
e il fa col do.
Se ci pensassi mi par
Le troverei
Sepolte e impolverate
In qualche cassetto o ripiano
Della disordinata mia mente
Ma inutile sforzarsi
Pensandoci bene
Con quel pizzico di logica sana
Che come una punta di pepe
Dà sapore e sostanza
Ad ogni pietanza.

Se lette e rilette
Le cinque parole
Sul pianeta delle cose sperdute
Dal caro poeta
Compagno col suo grande cappello
E col cammello
Dei miei solitari momenti
Sono state,
Allora è chiaro
Semplice e amaro
Che da me non possono più
Essere trovate
Scoverte e rilette.

Allora ti invito
Mio solo lettore
Fatti coraggio
Prendi l’alato cavallo
Bianco e crinatro
E corri leggiadro
Come un ladro furtivo
Verso la luna
Dei cocci di vasi ed oltre
Sempre più oltre
E vai dal giullare
Strappagli via
Il piccolo foglietto
Bianco e pasticciato.

Leggi ti prego,
Le sagge parole
Che ora ricordo
A questa domanda
Semplici rispondono:

Che senso
L’amore
La vita
L’universo
E tutto quel poco
Che resta?

Mi si chiedesse ora
Qui sulla poltrona seduto
In compagnia di quel poeta
Dal cammello e cappello
e di qualche altro
Suo ignoto collega
Alla domanda di cui sopra
Certo risponderei
Sul foglio scrivendo
Una sola parola
E non altre
Inutili e vane
Ma solo una bella
Che letta così suona:

“Nulla”.

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