28 luglio 2009

Avanguardie Futuro Oscuro


Io credo che questa Antologia sia un Rivoluzione.
Io credo che questa Antologia renderà un po' eterno il mio nome.
Io credo che questa Antologia verrà ricordata.
Io credo che questa Antologia salverà dall'oblio il mio nome.
AFO
Avanguardie Futuro Oscuro

17 luglio 2009

Ermetica Ermeneutica IV

Ermetica Ermeneutica IV:
Il ruolo della Memoria Culturale nell’ontologia del post-soggetto-agente: la riflessione di Giampiero Neri

Prosegue con questa quarta iterazione della nostra Ermetica Ermeneutica l’indagine delle peculiarità letterarie e filosofiche del Connettivismo. Due sono gli ambiti su cui queste pagine stanno tentando di far luce, due aspetti che fra loro non possono essere separati ma si alimentano reciprocamente in un costante gioco di riferimenti e rimandi. Alla base della riflessione di questa rubrica vi sono, da un lato, il “dire” il Connettivismo e, dall’altro, il “fare” Connettivismo. Ovvero da un lato si è voluto indagare il Connettivismo come una corrente letteraria soffermandoci sulle sue specificità espressive, stilistiche, sulle cifre narrative, cercando lentamente di far emergere la poetica di un Movimento che vuole (e che ha) una precisa connotazione all’interno del panorama letterario italiano. Dall’altro lato l’obiettivo è di natura differente, fatti salvi e dati in un certo qual modo per scontati i canoni espressivi del Movimento, si è voluto sprofondare all’interno dei suoi contenuti, dentro il suo farsi, per cercare di portarne all’emersione la filosofia, i principi primi, i “quanti” riflessivi e memetici comuni agli autori connettivisti. Temo che costituiscono la base di senso condivisa su cui si innestano e implementano le differenti sensibilità espressive dei singoli esponenti.
Il “dire” e il “fare” del Connettivismo, due aspetti di una medesima medaglia, due lati di un gioco geometrico che li lega indissolubilmente e che fa sì che entrambi siano subordinati all’altro, in un ricorsivo meccanismo di giustificazione.
Il “dire” senza il fare sarebbe sterile parola, il “fare” senza il dire sarebbe infecondo silenzio.
Torneremo nelle prossime “Ermetiche Ermeneutiche” ad indagare il “dire” del Connettivismo, crediamo, infatti, che si sia prossimi a giungere ad un punto in cui sarà necessario sedersi e comprendere se e quanto il Connettivismo sia riuscito a trovare le parole (nei racconti, nel testo poetico, nelle ulteriori forme espressive) per esprimere in modo efficace (e nel farlo, comunicarlo) il proprio costitutivo mood emozionale, la sensibilità e il sentire (comune a tutti gli autori del Movimento sebbene profonde siano le distante epistemologhe fra uno e l’altro) che connatura silenziosamente e misteriosamente il Connettivismo.
Chi scrive crede che ad oggi il Connettivismo sia ancora caratterizzato da una maggiore propensione sul “fare” che non tanto sul “dire”, come se non si fosse ancora pienamente riusciti ad esprimere quei contenuti, quelle sensibilità che ogni connettivista conosce ma che fatica (quasi le avesse sulla punta della lingua) ad esprimere. Vi sono contenuti, vi è una forza magmatica che non si esaurisce e che anzi gorgheggia impetuosa ma non si è ancora stati in grado di veicolarla pienamente in una forma espressiva (il “dire”) sufficientemente efficace.
Torneremo su questo punto nelle prossime edizioni della nostra Ermetica Ermeneutica, fiduciosi che quel guardarsi allo specchio possa costituire un interessante spunto per riflessioni ulteriori.
Proseguendo, invece, lungo la direttrice di questa Ermetica Ermeneutica occorre precisare che le pagine che seguiranno saranno rivolte all’indagine sul “fare” del Connettivismo, e, in particolare, su uno dei suoi elementi costitutivi più forti, più noti e caratterizzanti. Un tema su cui molto si è scritto e tanto dibattuto e sul quale noi vogliamo soffermarci in una prospettiva leggermente differente dal consueto e senza volerci addentrare in tecnicismi nozionistici che non ci competono e sui quali non abbiamo sufficienti nozioni chiarificatrici.
Indagheremo questo “oggetto” del Connettivismo grazie alla lettura di un poeta italiano che ci permetterà di maturare un punto di vista completamente nuovo e inaspettato e, attraverso questo, potremo così “rivedere” l’oggetto da un’angolazione differente e cogliere nuovi significati.
L’elemento di contenuto a cui vogliamo dedicare queste pagine è il tema dell’Uomo, o meglio il tema del “chi\che cosa sarà dopo l’Uomo”.

06 luglio 2009

Tramanda il nome


Tramanda il nome
Non resterà ricordo
Il nome si spegnerà
Se forse non lo è già.
E non sarò neppure esistito.
Salva il nome.
Incidilo ovunque.
Nella roccia. Nella pagina.
Nel tempo e se puoi pure nello spazio.
Ma non lasciarlo In alcuna altra memoria
Basta un soffio, un nuovo vento
E sabbia si cancella. Il nome.
Artista polacco e un poco francese
Non ti ho dimenticato
Miriadi di nomi,
Tramanda il mio nome.
Avanti a me, passata la vita
Generazioni Io sono vivo
Per sempre. Il mio nome.
Io lo conosco
Tu lo ricordi?
Qual è il tuo nome?
Tu esisti?

01 luglio 2009

Ti racconterò una storia

Ti racconterò una storia

Chiudi gli occhi,
ascolta il silenzio
immagina il mare
e la risacca lontana.

Qualche ranocchia
Canticchia più in là;
E’ una sera pigra
che mai par voler cascare.

Siedi, fatti comoda
La loggia è sicura
Qui non piove
Non vi sono riflessi.

Vorrei raccontarti una storia
Che non ha né inizio né coda
Ma è solo un pensiero
Strano che s’annoda.

Una nota ci raggiunge
Una mazurca.
La balera è là in fondo
La ricordi?

Nascondo un segreto
Ma anche tu hai un mistero
E insieme abbiamo
Un poco paura.

Ti racconterò una storia
È breve, non temere.
Inizia con un passo
E uno specchio con la pistola.

Già la conosci?
Hai incontrato anche tu il buon Stetson?
Dimmi il tuo segreto allora
Narrami del ponte.

Ti racconterò la mia storia
Ma forse già la immagini.
E’ il mio nome, il pozzo profondo
E il Baltico.

Silenzio,
Non parlare
Lascia che siano le rane a cantare
E la musica suonare.


Poesia folle

Che poesia folle.
Dice il silenzio.
Con qualche parola.
Ma io sono stanco
E credo all’inganno.
Ascolto il silenzio.
In queste parole.


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