29 aprile 2008

Il pianeta

Pensa a Phleba (1)
Phleba guardò in basso, sotto lo scafo lucente della nave scorrevano veloci le immagini distorte di una consueta impossibilità, colori caotici, striature contorte, promontori ritorti e montagne accartocciate. Desolazione e disperazione. Riconobbe i paesaggi che troppe volte aveva sognato nelle notti nere del viaggio che lì l’aveva condotto.
Via via che la velocità di crociera del veicolo diminuiva riuscì a distinguere meglio le costruzioni ed attribuire ad esse il nome con cui un tempo erano conosciute. Nomi che nessuno osava più pronunciare. Nomi segreti e maledetti. Poco più che relitti alla deriva in un mare verde deturpato se ne stavano appoggiati su un fianco antichi e maestosi palazzi, cattedrali slanciate e miriadi di statue, irriconoscibili, marmo colante silenziosa urla.
Stese le braccia e cercò di immaginare come fosse sfiorare l’orrore che correva sotto di lui, farne parte, esserne conquistato, catturato. Assorbito. Posseduto. La sua mente tentava ma qualcosa di ancestrale, nascosto nelle profondità stesse del suo essere creatura animale, lo costringeva a ritrarsi dal paesaggio, a rifugiarsi altrove, a scappare.

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25 aprile 2008

La tua pietas

Sono nel mondo

Sono nel mondo
E lo sono ora
In un momento
Reale
Irripetuto.

Vero proseguo
Curioso
Un cammino
Lungo una dorsale
Inesplorata.

Vivo respiro
Profumi di città
Popolate
E osservo un bambino
Un poco gli somiglio.

Non chiedo nulla
La ricerca si interrompe
Qui era partita
Nello stesso luogo
Ho trovato il Graal

Il nome
Me stesso.

La tua pietas

La tua pietas
Cataro rifugio
Consolamentum

E io mi scopro
Un uomo buono.

Il magnifico Demiurgo
Altrove sogghigna
E i roghi del MontSegur
Sono ormai freddi.

Donna, in Seth
Tu mi sei
Sorella.

Nome d’ossa pedone scolpito


Vado dicendo poesia
Nella prosa cammino
E vengo ignorato
Inascoltato resta il suono.

Non è il mio nome
Altrove segreto giace
E tacciono le voci
Di caotica follia.

Un coro resta garbatamente fermo
E dalla sala buia si leva un applauso.
Conosco il nome
Ma mai lo pronuncio.

Altri estranei nomi
Mi condannano
Ma non uccidono
Mai più.

Nel nome la vita è accettata
Non v’è nessuna alba
Ma la notte ha smesso
D’esser notte.

Pedone bianco
Senza scacchiera
Libero avanza
Senza amici o nemici.

Nome d’ossa,
Pedone scolpito.


E nel dolore ho perso il mio nome

Si maschera il nome di suoni di dolore
Cere colanti volti fasulli
E si dimentica il nome
Labirinti di urlata follia
Voci a migliaia sadica umiliazione.

E nel dolore ho perso il mio nome.
Conosco il nome.
Il mare nero s’è ritratto
E la luna nuova governa le maree.

Silenzio, nessun suono,
Il cuore è fermo e nessun battito
Il tempo non esiste.
Solo il mio nome.

(Alla Luna)

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22 aprile 2008

Non piangere, Meraviglia

Oltre

Il caso si è fermato alla mia porta,
Le strane nocche han bussato
Due tocchi secchi ed improvvisi:
Il mondo s’è squassato.

Sono immerso in un denso
Liquido amniotico e non penso,
Mio dio, non penso
Alle colpe, al fare, al dire
Agli errori, al tempo, al momento
Alle conseguenze. Alle conseguenze.

Degenera la poesia e queste
Sono parole scritte su biglietti
Volanti verso treni che troppo presto
Si mettono in moto.

Non voglio nulla e nulla
Ho mai chiesto,
Sono morto una vita fa e sono risorto
Parola. Ma non manichino.
Non manichino.

Chiudo gli occhi e sento il silenzio
Di Meraviglia Nascosta
E vedo l’ombrello che non ha paura
Di un basso gradino e fa il passo oltre

Verso

Verso l’oltre

Oltre.

Che tu sia per me la testa

Che tu sia per me la testa
Ed io le ginocchia
E un silenzio
Per sempre
Ovunque.

A M.n.

Torno me stesso


Il mio nome
Dimenticato
Risorge in
Polvere sottile
Granelli infiniti
Di nuova identità
E io torno me stesso
In un inizio
Che non si ripete
Sono nuovo.
Lo sono sempre stato.


Il tuo vero nome


Ascolta questo canto
Chiudi gli occhi

Smetti persino
Di respirare.

Ovunque
Mormora il silenzio

Nel palmo d’una mano
Raccoglilo.

Non v’è null’altro
E solo resta

Il tuo vero
Nome.

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20 aprile 2008

La meraviglia nascosta

La meraviglia nascosta

Scosta le tende e dentro la grande sala entra.
Da quel momento solo silenzio e i mondi intorno liriche cascate di colori. L’ovunque mi siede accanto e il tempo chiacchiera con me dei suoi infiniti momenti.
Tra le sue mani sono polvere d’angeli.

13 aprile 2008

Il bianco pedone muove sulla svelata scacchiera

Il bianco pedone muove sulla svelata scacchiera

Non c’è tempo
E neppure fretta,
Il lento scorrere del fiume
S’arresta in un lago denso
E un poco oscuro.

Ciondola la piccola barca,
La vela vola via
Incontrollata,
Bonaccia arida
E intorno solo orizzonti
Acquosi
Di statici istanti.

Sorge un pallido sole
E un riflesso di luna,
L’abaco delle stelle ha smarrito la strada
Le biglie rotolano lontane,
Deliri colorati.

Mi guardo le mani
Ossute e stanche
E le riconosco mie
La penna scorre sul foglio sporco
E scrive altre note
In stranieri linguaggi.

Non so più leggere
E non mi affanno a pensare
Ma solo ascolto
Un suono nuovo.

Chiudo gli occhi
Il mondo è scomparso
E io sono in ogni luogo.

Alla deriva nell’ovunque
Ascolto il vento sussurrare il mio nome
E in un antico scrigno
Vuoto di magie
Lo raccolgo.

Il bianco pedone
Muove sulla svelata scacchiera.

Preghiera

Nel principio è il nome
La vita dal mio nome
Ascolto il nome.

Prima della mia storia
L’annunciazione
Invoco il mio nome.

Sono il suono dei segni
Tetragramma senza pronuncia
Divina memoria.

Traccio sul vento
Il suono disperso nel mondo
Eco dell’ovunque,

Sussurro il canto
E prego l’urlo
Venero me stesso.

Non ho nulla
E niente avrò ancora
Io sono il nome.

Il mio nome.

Ripenso al nome


Ripenso al nome
Alle poche lettere arrotolate
A formare inusuale pronuncia,
Ai segni tracciati
Stanchi sul selciato
Immagine e suono
Magica evocazione
Di altre realtà
Diversi orizzonti
E antichi me stessi.
Ho dimenticato il nome
Non ricordo di averlo ricordato
Dubito d’averlo posseduto
Nulla.
Ora conosco il nome
Il mio nome
Nuovo
In attesa d’essere detto
E forse ascoltato.
Ho un nome
Ho il mio nome.

Parola segreta

Ho usato tutte le parole del mondo
Ma solo ora canto
Il mio nome
Unica parola
Rimasta segreta.

Rinasco poeta

Il vivo corpo nel dolore
È viatico del poeta
E della sua non consolatoria
Ispirazione.
Nella sofferenza
Rinasco poeta.

Immacolata concezione

La mano sul foglio
Poggiata attende
Un’antica ispirazione
E traccia tratti
Di ripetuta immobilità.

Non vi sono parole,
Deriva di una manifesta
Incomunicabilità
E i significati si attraggono
Come mari lontani
Risacca perenne
Di aridi oceani.

Blateranti silenzi
Inascoltati
D’identità fantomatiche,
Di maschere recitanti,
E tutto va nel fruscio
Scomparendo.

Devastazione dell’azione
Nessun ricordo
Archeologia della nuova consapevolezza
Io sono e ritrovo
Sepolto e vivo
Il mio nome
E null’altro resta.

Trema la realtà
Mia creazione
Scuoto le pareti del mondo
E ogni porta è divelta.

Forme e colori
Cancellati
Immacolata tela
La mano traccia
Il taglio rosso
E come Fontana
Sprizza
Nuova la vita.

Proliferazione
Tumorale delirio
Dal mio nome
Caos del tutto
Fiorisce ordinata
La realtà.
Mia nuova immacolata
Concezione.

Del nome senza pronuncia

Scivolano le parole
Tra muti manichini,
Ricordano le umane forme
Colorati abiti
E tratti conosciuti.

Gesti convulsi, sorrisi fasulli
E il suono si fonde
Con il rollio del treno
Eco della galleria.

Incomprensioni di vite
Blateranti cozzano
Tra idiomi diversi
Di inconsapevoli idioti.

In piedi sull’orlo dell’andare
Ascolto il cacofonico suono,
Maroso mormorio,
E taccio il segreto nascosto
Del nome
Senza pronuncia.

E io ti prego uccidimi

Momento perfetto
Nel desiderio
Vivo
Assaporo
Il profumo
Della sua bocca
E le mie mani
Implorano
Il suo corpo
Lattiginoso.
Tensione infinita
E io ti prego
Uccidimi.

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