30 giugno 2009

Tre note, Zing Zang Zung

Tre note, Zing Zang Zung

Tre note,
Zing, zang, zung
Inizio di secolo
Futuristi e capitani d’impresa
Donne incappellate
E sale da ballo
Musica e vino.
Zing, zang, zung
La guerra era lontana
E veloci automobili
Che non erano ancora d’epoca
Zigzagavano fra carretti e cavallini.

Risa, nitriti e schiamazzi
Rumori del giorno,
Si annunciava il futuro
Che pareva incombere
Oltre quell’angolo.
Proprio là.
Zing, zang, zung

Ti tenevo stretta
Persino troppo per la moda
E il pudore dell’epoca
E ballavo con te
Sulle tre note
Zing, zang, zung
Vorticavo e ogni cosa si confondeva
Nella tavolozza di colori
Di un surreale quadro impressionista.

Zing, zang, zung.
Tu sorridevi
Celando il mistero.
Eri bella, le scarpe rosse, i capelli neri
E il tuo odore di donna.
Non sapevamo che il giorno dopo sarebbe arrivato
Ma non sarebbe cambiato nulla.
Io e te.
Tre note.

Zing Zang Zung.

(Dedicata)

La morte di Napoleone ed altre poesie.

Pioggia

Gatto nero,
Biscia sul ciglio,
foglie cadute
e scure
terriccio bagnato
e qualche impronta
oltre la bava
di una lumaca
argentata.

Una sera d’estate
In un paese dimenticato
Dopo il consueto
Acquazzone
inaspettato.

Cammino sul rivo
Di una marciapiede deserto
Fatto di asfalto e altri detriti;
Dopo la pioggia piccole pozze,
Nubi pesanti cadute a terra.
ascolto lo sciabordare di un rivo
vicino.

Silenzio,
lumini di un alone rossastro,
costeggio un cimitero di campagna
e non sento neppure il gufo
pregare.
Bisbiglio una parola
Ma io non sono il viandante
E nessuna invocazione da raccontare.

In fondo le luci sintetiche,
La città dorme e io ho paura.
La notte è calata e non resta più tempo
Se non quello dell’andare.

Il fiumicciatolo pare gorgogliare più forte.


La morte di Napoleone

Dov’ero quando è morto Napoleone?

Chiudo gli occhi e cerco di ricordare.
Vedo il Baltico e una grigia città marittima
Fredda e viva di chiassose voci di un’estate anticipata.

Camminavo lungo la spiaggia schivando bambini biondi
E matrone urlanti.
Il Baltico era in silenzio. Forse già sapeva.

Era morto l’Imperatore e a nessuno pareva importarne.

Tolsi il cappello dalle falde larghe e mi venne in mente il cammello
E quello strano canadese dai pantaloni a righe.

Avevo già smesso di fumare ma mi accesi la pipa,
il faro era spento e nel cielo non vi erano nubi,
il vento non trasportava alcuna notizia.

Un campanile suonò alcuni rintocchi,
la corriera per Lubecca sarebbe partita di lì a poco
e io mi incamminai.
Forse in città qualcuno avrebbe ricordato
La morte di Napoleone.

Senza titolo
(Per ricordare)

Tra gente di mille paesi
Fuggiti e rifugiati
Tra il chiasso di musiche
Assordanti e scordate
Ti ascolto parlare
E mi sembra di leggere il segreto
Che nascondi.

Sbaglio le mie parole:
non ho mai imparato
Il linguaggio degli umani
E ancora vado cercando
Un’identica aliena.

Avevo smesso persino di scrivere
Queste lacrimevoli parole
Ma nel silenzio della mia solitudine
A chi importa se ancora
Insanamente
Io spero?

Cantano in questa stanza ora,
voci e note di un altro secolo
e ricordo il tuo volto,
Quale il tuo mistero?.

Sorrido,
mi accorgo di quanto sono ridicolo.

Donna

Scarpe rosse,
piedi nudi
terra bagnata
Vento
Uno strano odore.

Donna.

Era il giorno prima

Il giorno prima
Alcuni uomini sedevano sulla panchina
Nella piazza della città a bere e fumare.
Le donne con un berretto colorato
Ciarlavano nel vento e il mare brontolava
Placido.

Era il giorno prima.
Ogni cosa continuava come era sempre continuata
Bambini sulla spiaggia,
tavole imbandite
dolori e speranze
e il piccolo campanile
che scandiva le ore
Che mancavano.

Era il giorno prima
E tutto era certo,
noiosamente identico
Rassicurante ripetizione
del quotidiano.
Ognuno era al sicuro
nel giorno prima
che quieto scorreva.

Apro gli occhi.
Il mio giorno prima è stato tanto tempo fa.
Forse Napoleone era ancora vivo.
O forse mi confondo.
Ma il giorno prima è finito
E tutto ciò che è accaduto
Non è neppure esistito

Era il giorno prima.
Io ricordo
Ogni minuto
Di quel tempo
Che pareva essere
Eterno.

08 giugno 2009

Oscillano i binari

Oscillano i binari
Leggile la mente
E la durata
Che non è il tempo
Ma il quotidiano
Immobile.

Ascolte le sue parole
E la verità che non è
Di ciò che accade
Ma un’ulteriore
Narrazione.

Osservala
E spalanca gli occhi
Sino a farli lacrimare
Guarda il mondo
Si deforma
E l’inganno di svela.

Oscillano i binari.

Forme di vita
Era venuto fuori che sul pianeta
Non vi erano forme di vita
Complesse.

Di chi era quell’orma, allora?
Udì un grido oltre il casco.

Forse solo l’eco
Dei morti.

Sussurro il mio nome
Silenzio
Ancora silenzio
E densa cade una neve
Fitta.

Vedo le lapidi imbiancarsi
I nomi si cancellano
E neppure del suono
Resta memoria.

Sussurro il mio nome.
Mi salvo.

Il mio nome, vi prego
La fila ordinata si era distesa
E immobili le figure
Ondeggiavano come in un’antica
Preghiera di lacrime
E pianti.

L’ufficio là in fondo era burocraticamente
Inefficiente, lenti
Impiegati senza volto
Ritiravano la muta richiesta
E imprimevano
Sigilli sbavati
Su pagine sgualcite.

Osservavo il mio foglio
Giallo e consunto
Lo stesso di molte altre attese
In altre uffici
Poche parole
In silenziosa invocazione.

Il mio nome, vi prego,
il mio nome.

La fine
Due fermate
Una linea gialla
Il rumore
Il verde
Il treno
La matita
Ho aperto un libro
Dallo scaffale tra la polvere
Una pagina a caso
Sto leggendo una poesia
Questa poesia.
Scrittore\lettore,
Ascoltati dirti
La fine.

RIP
Pace all’anima mia,
ovunque essa sia.

Oclocrazia
Scivolo,
e precipito dal pendio
domani si vota
la Gobba sta arrivando
e un poco la geografia si fa poesia
ma mai la geometria
Pascal e percentuali.
Oclocrazia.

Neri
Neri,
giù in fondo ci sono frammenti neri
macchie di memoria,
mimetico manto
di una memetica leggenda:
Biologia.
Senso,
facile il senso così si disvela
e non vi è altrove da cercare
nessuna poesia e neppure prosa
ma un’identica ultima
crudeltà.

Vita,
carnosa, umidiccia
viscida e liquorosa
e nell’aria quello strano
profumo
fiore di morte.

L’orrido
L’orrido non si nasconde
Nessun velo
L’orrido non esiste
Il male non è caratteristica etica
Semmai ontologica
O forse basterebbe dire
Biologica.
Nessun comportamento
Di un corpo vivente
Può dirsi buono
Perché ciò che esiste
Vivente e mortale
È male.
In quanto tale,
senza accenti
etici o morali.
La vita si dà nello sterminio
E l’abominio si osserva gaudente.
Forse l’ascesi,
ma non credo
solo la morte
ma in realtà ciò che resta
è solo concime.
Altra vita.

La morte sorrideva in attesa
L’uomo con il cappello
Fece due passi e guardò oltre il vetro.
Pioveva e scie veloci solcavano il piccolo oblò.
Tutto era confuso
Nel diluvio che pareva eterno.

Il corvo era sparito
E della colomba non si avevano tracce.
Rumori e scricchiolii del legno
Una tigre sbranava una povera bestia
E un bacillo danzava nell’aria.

Poi un grido
E un altro ancora.
L’uomo si voltò di colpo
Quasi sorpreso
TERRA!

Terra. Urlavano Terra.
La colomba era tornata
Un rametto nel becco.
Un ulivo forse.

Tra le onde una macchia
Scura e un poco verde.
L’uomo col cappello era sul ponte.
Era arrivato.
Non aveva mancato.

Alzò il braccio e lo mosse
Come a salutarla.
Non lo sapeva
Ma sulla riva fangosa
La morte sorrideva in attesa.

Prigionia
E’ ora di cena,
non ho fame mentre preparo la tavola
e mi chiedo
è più biologia
o sociologia
o semplicemente
non c’è scampo
a questa
prigionia.

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